IGT Allerona

La zona di produzione dei vini denominati IGT “Allerona” è quella che comprende i territori di Allerona, Castelviscardo e Castelgiorgio. Tre Comuni della provincia di Terni, posizionati nella zona sud-occidentale dell’ Umbria. La città di Allerona, che dona il nome questa IGT, è un antico borgo situato a circa 472 m.s.l.m.. per il disciplinare di produzione integrale clicca qui. Per ulteriori vini invece clicca qui.

Cenni storici

La zona, che confina con la regione Lazio, è quella storicamente abitata dagli Etruschi, epoca a cui si fanno risalire i primi insediamenti. Diversi ritrovamenti di epoche successive, testimoniano la presenza della civiltà Romana. Infatti il ritrovamento di tracce dell’antica via Cassia, per la quale il ritrovamento di tratti di selciato e colonne miliari, testimoniano la fervente attività dei Romani in questa zona. Nel medioevo la città di Allerona fu un castello feudale del Comune di Orvieto, sotto la famiglia dei Monaldeschi e Filippeschi.

informazioni sui vini con denominazione IGP Allerona

i vitigni idonei alla produzione di questi vini sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografia di riferimento. Le uve rosse sono caratterizzate da un’equilibrata concentrazione di componenti fenoliche. Tutti i vini presentano profumi floreali e fruttati con un buon tenore di acidità. La mineralità, insieme alle caratteristiche precedenti, definiscono una fragranza riferibile a tutti i vini della zona di Orvieto.

Caratteristiche dei vini IGT Allerona bianco, bianco frizzante e bianco novello

Per quanto riguarda i vini bianchi possiamo affermare che per l’ Allerona bianco ed il frizzante il colore giallo paglierino si sposa con l’ odore gradevole e caratteristico. Mentre per il bianco il sapore va dall’asciutto al dolce, fresco e leggermente fruttato. Invece per il frizzante il sapore risulta da secco ad abboccato, fresco e di gusto leggermente fruttato. Per entrambi il titolo alcolometrico volumico minimo 10,50%.

L’ Allerona bianco novello si presenta di colore giallo paglierino e con odore gradevole e caratteristico. Al sapore si presenta da secco ad abboccato, fresco e di gusto leggermente fruttato. Titolo alcolometrico volumico minimo 11,00%.

Caratteristiche dei vini IGT Allerona rosso, rosso frizzante e rosso novello

Con l’ Allerona rosso il colore è rubino più o meno intenso. Il suo odore è vinoso, delicato e con profumo caratteristico. Al sapore risulta dall’asciutto al dolce, sapido e di buon corpo. Il suo titolo alcolimetrico volumico totale minimo non può essere inferiore a 11%.

Con l’ Allerona rosso frizzante abbiamo il colore rosso rubino più o meno intenso. Con odore vinoso, delicato e con profumo caratteristico. sapore dall’asciutto al dolce, sapido e di buon corpo. alcol 10,50% vol.

Per l’ Allerona rosso novello, il sapore diventa da secco ad abboccto, sapido e di buon corpo, il titolo alcolimetrico non può essere inferiore a 11,00%

Caratteristiche dei vini IGT Allerona rosato, rosato frizzante e rosato novello

L’ Allerona rosato si di vide in rosato, rosato novello e rosato frizzante. Al colore risulta rosato più o meno intenso, con un odore vinoso e delicato. Al sapore dall’asciutto al dolce, armonico e fresco per il rosato semplice, mentre da secco ad abboccato, armonico e fresco per il novello. Infine per il frizzante il sapore individuato è quello che va dall’asciutto al dolce, armonico e fresco.

Caratteristiche dei vini IGT Allerona rosso passito e bianco passito

Infine abbiamo l’ Allerona passito rosso o bianco. Il primo di colore rosso carico tendente al granato, ha un odore caratteristico ed intenso. Il suo sapore va dall’asciutto al dolce, armonico e vellutato. Il bianco invece ha un colore giallo tendente all’ambra. Il suo odore è intenso e fruttato. Invece il suo sapore va dall’asciutto al dolce, caratteristico. Per entrambi il titolo alcolimetrico minimo è del 15,00%.

Piadina Romagnola I.G.P.

La Piadina Romagnola I.G.P. o Piada Romagnola si ottiene mediante l’impasto ottenuto da farina di grano tenero, acqua, sale e grassi. La zona di produzione, che si estende dalla provincia di Rimini fino alla provincia di Forlì Cesena e di Ravenna, è rappresentata dai Comuni riportati nel disciplinare che puoi visualizzare cliccando qui. Ogni fase del processo produttivo viene monitorata mediante l’iscrizione in apposti elenchi gestiti dalla struttura di controllo e mediante la tracciabilità del prodotto.

Ricetta della Piadina Romagnola I.G.P.

Per ottenere la Piadina Romagnola I.G.P. devi impastare 1kg di farina di grano tenero, acqua q.b. per ottenere l’impasto omogeneo, sale per un massimo di 25g su 1kg di farina, ed infine grassi. Per questi ultimi puoi utilizzare sia lo strutto, che l’olio di oliva meglioi se olio extravergine di oliva, peer un quantità di 250g su 1kg di farina. Una volta suddiviso l’impasto in palline si può procedere con la laminatura. Il processo di appiattimento può avvenire sia con il mattarello e sia con attrezzi meccanici. Devi cuocere la piadina su entrambi i lati ad una temperatura tra i 200° ed i 250° C, con cottura sulla piastra fino a 4 minuti.

Storia della Piadina Romagnola

La Piadina Romagnola ha origini antichissime, testimonianze storiche parlano degli inizi del XIV secolo. Sicuramente possiamo affermare che è un cibo semplice che identifica la terra di Romagna. Fino alla prima metà del novecento la piadina era un sostituto del pane a cui si ricorreva tra un’infornata e l’altra di pane, che solitamente avvenivano con cadenza settimanale. Per i più poveri le piadine erano composte da mais, o mais e frumento. Per i ricchi invece pura farina di frumento a cui si aggiungeva lo strutto di maiale. Nel secondo dopoguerra la Piadina si diffonde sia nelle campagne che nelle città e non viene più vista come un sostituto povero del pane ma una golosa alternativa. Negli anni settanta iniziano le produzioni artigianali presso i piccoli chioschi, e da qui la diffusione.

Prova dell’origine

Ogni fase del processo di produzione deve essere documentata attraverso l’iscrizione in appositi elenchi gestiti dalla struttura di controllo.

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Aglianico del Vulture DOCG

L’ Aglianico del Vulture DOCG viene prodotto nei comuni di Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Melfi, Atella, Venosa, Lavello, Palazzo SAn Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania. La zona individuata ricade nella parte nordo della Basilicata, e comprende il territorio alle pendici del monte Vulture. Quest’ultimo è un vulcano spento, ma attivo fino al Pleistocene superiore, con la vetta a 1.327m che degrada verso la puglia verso il fiume Ofanto. I tufi svolgono un’importante azione di riserva idrica nei mesi estivi. I terreni coltivati vanno dai 200 m s.l.m. ed i 700 m s.l.m. per il disciplinare integrale clicca qui.

Cenni storici sull’ Aglianico del Vulture

Assoutamente da non confondere con l’Aglianico del Taburno. L’ Aglianico del Vulture, coltivato nella omonima zona (il Vulture appunto) viene descritta da diversi autori quali Plinio, Strabone, Virgilio, e Marziale. Orazio, nato a Venosa, celebra nelle sue Odi le qualità del vino prodotto nella sua terra. Sono diversi i reperti archeologici che documentano la coltura della vite e la produzione di vino. La regione del Vulture, per la sua vicinanza alla Campania, al Sannio ed alle colonie della Magna Grecia, fu il punto di incrocio delle tradizioni vitivinicole dell’epoca. I reperti archeologici ritrovati come vasi, coppe, attingitoi e di molteplici utensili per la mescita del vino, decorati con l’effige del di Dioniso, documentano il panorama culturale dell’epoca, in cui avviene la fusione tra la tradizione greca e la tradizione indigena appulo-lucana.

Caratteristiche analitiche ed organolettiche dell’ Aglianico del Vulture

La DOCG Aglianico del Vulture si riferisce a due tipologie di vino rosso: il Superiore, ed il Superiore Riserva. I vini presentano una buona acidità, di colore rosso rubino che sfuma verso il rosso granato con riflessi aranciati nei vini più vecchi. In tutti i vini si riscontrano aromi prevalentemente fruttati di bacche e drupe, nonché note floreali delle cultivar dei vitigni base. Al sapore con un’acidità normale, con un accenno di amare ed una possibile residua astringenza tipica dei vitigni. Infine da evidenziare la struttura che contribuisce all’equilibrio gustativo e garantisce la longevità.

Aglianico del Vulture superiore: colore rosso rubino intenso tendente al grantato. Odore tipico, gradevole ed intenso. Sapore secco, giustamente tannico e sapido. Persistente ed equilibrato con l’invecchiamento. I relaione alla conservazione si può rilevare anche il sentore di legno. 13,50% vol.

Aglianico del Vulture superiore riserva: di colore rosso rubino intenso tendente al granato e con riflessi aranciati quando invecchiato. All’odore è tipico, gradevole ed intenso. Al sapore è secco, giustamente tannico, sapido e persistente. Equilibrato ed armonico con l’invecchiamento. Sentori di legno se invecchiato in botti. 13,50% vol.

Benevento o Beneventano Cabernet Sauvignon Novello: Il colore è rosso rubino più o meno intenso. All’odore è vinoso, fruttato e floreale. Sapore secco o abboccato, equilibrato. 11,00 % vol.

Benevento o Beneventano Merlot: Sempre rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento. Odore fruttato e floreale. Sapore secco, di corpo ed equilibrato. 16,00% vol.

Benevento o Beneventano Merlot novello: Di colore rosso rubino più o meno intenso. Con un odore vinoso, fruttato e floreale. Sapore secco o abboccato ma equilibrato. 11,00% vol.

Aglianico del Taburno D.O.C.G.

L’ Aglianico del Taburno D.O.C.G. nasce nella provincia di Benevento, e più precisamente nell’intero territorio dei comuni di Apollosa, Bonea, Campoli del Monte Taburno, Castelpoto, Foglianise, Montesarchio, Paupisi, Torrecuso e Ponte. Parzialmente anche nei comuni di Benevento, Cautano e Tocco Caudio. La principale varietà di uva utilizzata è quella dell’ Aglianico. In questo territorio, secondo le testimonianze dei reperti e gli studi effettuati, il culto del vino è antecedente all’epoca romana. Gli studi dimostrano che una incisiva presenza di produttori di vino di origine sannita sarebbe stata presente nella composizione etnica di Pompei. Puoi consultare il disciplinare integrale dal sito del ministero cliccando qui.

Cenni Storici sull’ Aglianico del Taburno e del territorio

I ritrovamenti effettuati in zona dimostrano che la coltivazione della vite nel beneventano risale almeno al II secolo a.C.. Infatti nel paese di Dugenta è stato rinvenuto un imponente deposito di anfore con relativo forno di produzione, anfore ritrovate fino in Inghilterra ed Africa settentrionale. Molto del vino prodotto nella provincia, come anche quello proveniente dal resto d’Italia, veniva venduto al mercato vinicolo di Pompei, secondo solo a quello di Roma. Il Sannio ha sempre rappresentato il collegamento naturale tra la Puglia e la Campania. Attraverso i sentieri della transumanza i Sanniti conobbero il mondo del vino Abruzzese e Pugliese attraverso i quali hanno portato nel Sannio i vitigni greci dell’ Epiro. Un’ ulteriore testimonianza è data da Plinio, che racconta come sul finire del V secolo a.C. famiglie di stirpe sannita si stabilirono nella valle del Volturno è si svilupparono economicamente grazie alla produzione del Trebula Ballinensis.

Legame con il territorio dell’ Aglianico del Taburno

Il territorio di coltura dell’ Aglianico del Taburno D.O.C.G. è caratterizzato prevalentemente da un’orografia collinare e montuosa. I vigneti sono orientati prevalentemente a sud e sud-est. L’ambiente risulta ventilato, luminoso e molto favorevole alle funzioni vegeto-produttive della vite. Le scelte delle aree di produzione sono effettuate con l’obiettivo di privilegiare i terreni con una buona esposizione.

Caratteristiche organolettiche ed analitiche dell’ Aglianico del Taburno

l’ Aglianico del Taburno rosso può essere rosso rubino più o meno intenso, che tende al granato con l’invecchiamento. L’odore è caratteristico e persistente. Il sapore secco e di corpo. Il titolo alcolometrico minimo è di 12,00 % vol. con un’acidità totale minima di 5.0 g/l..

L’ Aglianico del Taburno rosato invece si presenta di colore rosa più o meno intenso, Con l’odore delicato, fresco e fruttato. Il suo sapore è secco, armonioso fresco e fine.

L’ Aglianico del Taburno rosso riserva ha una gradazione minima di 13,00% vol. Il colore è rosso granato intenso. All’odore caratteristico e persistente. Al sapore secco, armonico e di corpo.

Abbinamenti dell’ Aglianico del Taburno

Puoi abbinare l’ Aglianico del Taburno con carni bianche e rosse, pollame, selvaggina e ricette elaborate. Esprime il meglio a 18°, mentre per il rosato la temperatura di servizione è di 12° ed è l’ideale con i dessert.

Amarone della Valpolicella D.O.C.G.

L’ Amarone della Valpolicella era già stato riconosciuto DOC con il DPR del 21 agosto 1968. La zona di produzione abbraccia la fascia pedemontana della provincia di Verona e comprende i territori dei comuni di Marano, Fumane, Negrar, S. Ambrogio, S. PIetro in Cariano, Dolcè, Cassano di Tramigna, Grezzana, Pescantina, Cerro Veronese, S. Mauro di Saline e Montecchia di Crosare. Da questi Comuni nascono le ulteriori specificazioni geografiche di Valpantena e Classico. Per il disciplinare integrale dell’ Amarone della Valpolicella D.O.C.G. clicca qui.

Cenni storici sull’ Amarone della Valpolicella

La storia di questo vino è molto lunga, parte dal quarto secolo dopo Cristo. In una lettera rinvenuta, Cassiodoro, un ministro del re Visigoti Teodorico, chiedeva ai proprietari terrieri della Valpolicella, di avere per la mensa regale il vino ottenuto con l’Acinatico, definito come mosto invernale che è il primo antenato dell’ Amarone. Per gli anni successivi all’anno 1000 troviamo diverse testimonianze di atti di compravendita dei vigneti nella zona. Il vin all’epoca era considerato al pari del denaro per pagare i diritti feudali. I primi esemplari di Amarone sono arrivati ai primi novecento, per uso famigliare o per regali agli amici. La prima commercializzazione di una bottiglia di Amarone della Valpolicella è del 1953.

La produzione dell’ Amarone della Valpolicella

I vigneti sono allevati prevalentemente a pergola semplice e pergoletta. Le potature estive assicurano la discesa dei grappoli. Le uve sono selezionate in vigna e dopo la raccolta, che avviene tra la terza decade di settembre e la prima di ottobre, vengono posizionate in un unico strato nelle cassette di legno, plastica o graticci di bambù. Arrivati in cantina vengono poste in fruttai che devono essere perfettamente aerati per assicurare un’ideale conservazione dei grappoli. Le uve devono rimanere nei ruttai 100 – 120 giorni, finché non perdono almeno la metà del loro peso. In questi giorni i grappoli devono essere controllati quotidianamente, girati e ripuliti da eventuali acini non perfetti. Una volta ultimato l’appassimento, l’uva viene pigiiata. Successivamente alla vinificazione seguono 2 anni minimo di affinamento in contenitori di legno.

Le peculiarità dell’ Amarone

Durante il processo di appassimento avvengono diverse trasformazioni che rendono questo vino completamente diverso da qualsiasi altro. Infatti in questa attesa diminuisce l’acidità. Inoltre si modifica il rapporto tra glucosio e fruttosio. Infine aumenta la concentrazione di polifenoli, ed aumenta considerevolmente la glicerina e le altre sostanze come il resveratrolo. Sicuramente è uno dei vini più longevi tra i grandi vini italiani. Il suo colore è rosso molto intenso con note granate. Il profumo ricorda la frutta passita, il tabacco e le spezie. Il sapore è molto fruttato, con una spiccata fragranza. Risulta asciutto ma anche molto morbido, con un corpo pieno, caldo, e vigoroso.

Abbinamenti dell’ Amarone della Valpolicella D.O.C.G.

Per le caratteristiche sopra esposte possiamo sicuramente affermare che questo graande vino può accompagnare secondi piatti di carne, selvaggina, formaggi stagionati. Consigliato vivamente anche da solo come vino da meditazione.

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Morellino di Scansano

La menzione tradizionale del Morellino di Scansano è la denominazione di origine controllata e garantita D.O.C.G. (dal 2006). Le uve utilizzate per la sua produzione devono essere raccolte all’interno della zona che comprende la fascia collinare della provincia di Grosseto tra i fiumi Ombrone ed Albegna. Il territorio amministrativo include il comune di Scansano e parte di Manciano, Magliano in Toscana, Grosseto, Campagnatico, Semproniano e Roccalbegna. Queste zone sono caratterizzate da colline con altitudine media di 250 metri s.l.m.. A livello geologica la zona mostra una certa uniformità nella zona ad est dove prevalgono rilievi arenacei di tipo macigno e pietraforte. Dal 1969 si tiene a Scansano ogni anno, durante il periodo della vendemmia, la Festa dell’Uva.

Caratteristiche del Morellino di Scansano

Al colore rosso rubino e tendente al granato con l’invecchiamento, ha una caratteristica limpidezza brillante. All’odore profumato, etereo, intenso, gradevole e fine. Il sapore asciutto, caldo e leggermente tannico, a volte può presentare sentori di legno. Il titolo alcolometrico deve essere minimo di 12,50% vol., l’acidità totale minima di 4,50 g/l. Per il Morellino di Scansano Riserva il titolo alolometrico minimo è di 13% vol.

Testimonianze storiche sul Morellino

La vite viene coltivata a Scansano sin dai tempi degli Etruschi. Presso il sito archeologico di Ghiaccioforte sono stati rinvenuti attrezzi agricoli per la potatura e raccolta delle uve. Già nel periodo medievale diverse citazioni esaltano l’eccellenza dell’area Scansanese per la coltivazione della vite. Durante il feudalesimo venivano indicate le concessioni di terre a vocazione vitivinicola che veniva quindi differenziata dalle altre. Le prime notizie sulla produzione risalgono invece al 1813, quando con una lettera al vice prefetto del Circondario di Grosseto veniva comuniucata la produzione di 5540 ettolitri di vino. Nel 1847 Luigi Villafranchi-Giorgini in una memoria alla Società Agraria Grossetana riportava che nell’orto botanico di Pisa esisteva un tronco di vite alto 2,92m e di circonferenza 2,36m proveniente da Castagneta Valle (comune di Scansano). Nel 1884 Luigi Vannuccini, socio ordinario dell’Accademia dei Georgofili, tiene a Scansano una conferenza per sostenere la necessità di formare una cantina sociale.

Per visualizzare tutti gli eventi legati al Morellino di Scansano puoi visitare il sito del consorzio di tutela: https://www.consorziomorellino.it/

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Franciacorta

Il Franciacorta nasce in quel territorio delimitato a nord dalle sponde meridionali del lago d’Iseo e dalle Alpi Retiche. A sud dal Monte Orfano. Ad Est dalle colline rocciose di Rodengo Saiano, Giussago, Ome e Cellatica. Ad ovest dal fiume Oglio. L’elemento comune che caratterizza questi suoli è l’origine morenica che determina anche le caratteristiche principali. Infatti troviamo una genesi alloctona, una discreta profondità un drenaggio buono ed una riserva idrica che va da buona ad elevata. Con la zonizzazione studiata negli anni novanta hanno identificato ben sei caratteri vocazionali differenti.

Storia del Franciacorta

Testimonianze storiche dovute al ritrovamento di vinaccioli nella zona di Provaglio d’Iseo, dove sorgevano insediamenti a palafitte, fanno ipotizzare che la vite sia presente già in epoca preistorica. Le successive testimonanze risalgono all’epoca dei monaci che abitavano le corti monastiche della zona e che diedero il nome Franciacorta “franchae curtes” cioè le corti esenti dal pagamento dei dazi doganali. Il toponimo Franzacurta compare per la prima volta in un’ordinanza del 1277 riguardante la riparazione del ponte sul fiume Mella. L’attuale territorio era già descritto e delimitato nell’atto del Doge di Venezia Francesco Foscari del 1492. Nel corso dei secoli la viticoltura ha quindi mantenuto in ruolo molto importante nell’economia della zona. Negli anni ’60, con l’istituzione della DOC, è iniziato un processo di rinascita e rinnovamento che ha portato la viticoltura al primo posto come attività agricola della zona. Inoltre si è individuato come vitigno più vocato il Pinot, noto allora anche come Pinot chardonnay. Negli anni ottanta si fece chiarezza distinguendo nettamente i due vitigni in Pinot bianco e Chardonnay, tuttora gli unici utilizzabili insieme al Pinot nero.

Caratteristiche del prodotto

I vini sono caratterizzati dal processo di affinamento successivo alla rifermentazione. Solitamente di aspetto giallo paglierino con riflessi verdolini o dorati con possibili riflessi ramati nelle versioni Riserva. Il perlage appare fine e persistente. Il bouquet dalle caratteristiche note della fermentazione in bottiglia con sentori di crosta di pane e lievito arricchito con note di agrumi e frutta secca. Il profilo sensoriale è quindi decisamente riconoscibile come prodotto del territorio. Al sapore risulta sapido, fresco fine e armonico.

Caratteristiche dei Franciacorta

Il Franciacorta risulta al sapore sapido fresco, fine ed armonico. Il titolo alcometrico minimo oè di 11,5% vol., mentre l’acidità totale minima di 5,0 g/l. La spuma fine ed intensa. Al colore si presenta dal gialloo paglierino più o meno intenso fino al dorato. All’olfatto è fine, delicato ampio e complesso con le note della rifermentazione in bottiglia. Il sapore: dosaggio zero, extra brut, extra dry, sec e demi-sec, sapido, fresco, fine ed armonico.

Il Franciacorta millesimatosi presenta con una spuma fine ed intensa, il colore che va dal giallo paglierino fino al giallo dorato. Al profumo fine delicato, ampio e complesso e sempre con le note della rifermentazione in bottiglia. Come sapori troviamo il dosaggio zero, l’extra brut, il brut, l’extra dry il sapido ed il fine ed armonico.

Nel Franciacorta riserva il colore parte sempre dal giallo paglierino per arrivare al dorato con riflessi più ramati. Al profumo si presenta con note complesse ed evolute dovute al lungo affinamento in bottiglia. Al sapore troviamo solamente il dosaggio zero, l’extra brut, il sapido, il fine ed armonico.

Caratteristiche dei rosé

Il Franciacorta rosé è invece caratterizzato dal colore rosa più o meno intenso. L’odore risulta ifne, delicato, ampio e complesso, con sentori evidenti del Pinot nero e con le classiche note della fermentazione in bottiglia. Al sapore: dosaggio zero, brut, extra brut, sec e demi-sec, sapido, fresco, fine ed armonico.

Il Franciacorta rosé millesimato si caratterizza invece per il colore rosa con possibili riflessi ramati ed al sapore classificabile come dosaggio zeero, brut, extra brut, extra dry, sapido, fresco, fine ed armonico.

Il Franciacorta rosé riserva si caratterizza oltre che per il colore rosa più o meno intenso con possibli riflessi ramati, anche per un profumo più complesso, evoluto e con sentori di Pinot nero e con un bouquet di lungo affinamento in bottiglia. Il sapore può essere classificato come dosaggio zero, extra brut, brut, sapido, fresco, fine ed armonico.

Caratteristiche dei Saten

Il Franciacorta Saten deve avere un tasso alcolometrico volumiico totale minimo di 11,5% vol, un’acidità minima di 5,0 g/l, un estrtto non riduttoe mnimo di 14,5 g/l ed una pressione massima di 5 atm. La spuma risulta persistente e cremosa, il colore giallo paglierino intenso. Il profumo fine, delicato, con le classiche note della rifermentazione in bottiglia. Il spore del brut, sapido, cremoso, fine ed armonico.

Il Franciacorta Saten millesimato si caratterizza principalmente per il colore che va dal giallo paglierino più o meno intenso fino al dorato, e dal profumo fine, complesso con note delle rifermentazione. Al sapore brut, sapido, cremoso, fine ed armonico.

IlFranciacorta Saten Riserva si presenta con spuma persistente, cremosa. Di colore giallo dorato più o meno intenso. Con un profumo di note complesse ed evolute proprie del lungo affinamento in bottiglia. Il sapore brut, sapido, fine ed armonico

puoi visualizzare il disciplinare completo sul sito del ministero delle politiche agricole http://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/395

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Olio D.O.P. Colline Pontine

La denominazione olio D.O.P. Colline Pontine viene attribuita all’olio extravergine prodotto nella zona geografica compresa all’interno della provincia di Latina. Questa zona comprende nella totalità o almeno in parte il territorio dei comuni di Aprilia, Bassiano, Campodimele, Castelforte, Cisterna di Latina, Cori, Fondi,Formia, Itri, Lenola, Maenza, Minturno, Monte San Biagio, Norma, Priverno, Prossedi, Roccagorga, Rocca Massima, Roccasecca dei Volsci, Santi Cosma e Damiano, Sermoneta, Sezze, Sonnino, Spigno Saturnia, Terracina. Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata e documentata, registrando i prodotti in entrata ed in uscita.

Caratteristiche di coltivazione e di oleificazione

Le condizioni ambientali e di coltura degli oliveti per la produzione dell‘olio D.O.P. Colline Pontine sono quelle tradizionali e caratteristiche della zona. L’intero processo di lavorazione deve essere effettuato all’interno della zona di produzione. Nella coltivazione è consentita la pratica dell’inerbimento e durante la concimazione possono essere utilizzati sia fertilizzanti organici che chimici. Per quanto riguarda il diserbo è consentito l’utilizzo di prodotti chimici ed i trattamenti fitosanitari devono essere eseguiti con l’obbiettivo di ridurre al minimo o di eliminare i residui di antiparassitari sulle olive. La produzione non può superare i 100 kg per pianta e la raccolta può avvenire sia manualmente che meccanicamente a condizione che sia evitata la permanenza delle drupe sul terreno. La raccolta inizia a partire dall’invaiatura e si conclude entro il 31 gennaio. Le olive raccolte devono essere molite entro 48 ore dalla raccolta. Per l’estrazione dell’olio sono ammessi solo processi meccanici e fisici atti a produrre oli che presentino le caratteristiche peculiari originari dei frutti.

Storia e legame con il territorio

L’olio D.O.P. Colline Pontine possiede peculiarità tipiche che derivano dal territorio ed in particolar modo dalla cultivar “Itrana” che non ha una diffusione così intensa in altri luoghi. Questa varietà detta anche Oliva di Gaeta, Trana, Oliva Grossa, Cicerone, si è diffusa nei secoli di coltivazione sul territorio. I terreni sono costituiti solitamente da calcari, con scarso strato coltivabile, e molto permeabili ed aridi. Il clima tipico Mediterraneo è caratterizzato da temperature invernali miti. Si ottieene così un olio armonico che è ben gradito dalla maggior parte dei consumatori. L’olivicoltura è profondamente legata al tessuto sociale fino a condizionare lo sviluppo del territorio e la vita delle popolazioni. Riconoscimenti nazionali ed internazionali risalgono al 1872. Si narra che i Greci, profughi da sparta, introdussero la pianta selezionata genericamente e con essa le tecniche per la sua coltivazione. In seguito, i Romani, ritennero così importante l’olivicoltura da disciplinarla con tanto di editti imperiali.

Gusto e abbinamenti

L‘olio di oliva extra vergine D.O.P. Colline Pontine risulta fruttato erbaceo più o meno intenso, equilibrata la percezione dell’amaro e del piccante, e con retrogusto di mandorla. Si caratterizza inoltre per il sentore di pomodoro verde. Il colore va dal verde intenso al giallo con riflessi dorati. L’acidità totale deve essere inferiore a 0,6 grammi per 100 grammi di olio. Numero dei perossidi non inferiore a 12. Valore dei polifenoli maggiore di 100 mg/kg e l’acido oleico maggiore o uguale al 72%. Puoi visualizzare il disciplinare integrale a questo link. Per visualizzare altri oli clicca qui.

olio D.O.P. Alto Crotonese

L’ olio D.O.P. Alto Crotonese si produce nell’ambito della provincia di Crotone, nei territori compresi nei comuni di Castelsilano e San Nicola dell’ alto Savelli sono il parte, mentre nell’intero territorio per i comuni di Cerenzia, Pallagorio e Verzino. La coltivazione del’olivo nella Provincia di Crotone risale circa al 2000 a.c. per mano dei popoli degli Enotri e delle altre tribù Pelasgiche. Le prime evidenti testimonianze però risalgono all’epoca bizantina, quando i monaci dell’ordine Basiliano, rifugiatisi in Calabria, iniziarono a migliorare le tecniche di coltivazione. Le operazioni di produzione, molitura ed imbottigliamento sono effettuate nel territorio delimitato e questo permette di salvaguardare le caratteristiche peculiari e la qualità dell’ olio. La raccolta delle olive deve essere conclusa entro il 31 dicembre di ogni anno. Puoi visualizzare il disciplinare completo a questo link. Puoi visualizzare altri olii d.o.p. cliccando qui.

Varietà delle olive dell’ olio D.O.P. Alto Crotonese

L’ olio D.O.P. Alto Crotonese si attribuisce a quell’olio extravergine di oliva ottenuto dalle olive di varietà Carolea che deve essere presente almeno per il 70%. Le altre varietà non possono eccedere il 30% e devono riguardare le cultivar Pennulara, Borgese, Leccino, Tonda di Strongoli e Rossanese. Il territorio si presenta omogeneo per condizioni pedologiche e varietali estendendosi ai piedi della Sila grande.

Metodo di ottenimento

La raccolta delle olive avviene a mano o con mezzi meccanici, e le olive devono essere indenni da danni e da attacchi di parassiti. Comunque bisogna tener presente che solitamente, grazie alle caratteristiche pedologiche e altimetriche del territorio, gli uliveti sono indenni da attacchi di parassiti. La fresatura del terreno invece garantisce l’eliminazione delle piante infestanti. La produzione massima delle olive non può superare i 100 quintali per ettaro negli uliveti a coltura specializzata, mentre negli uliveti promiscui non si può superare la produzione media di 65 kg per pianta. Invece la resa massima in olio non può mai superare il 20%. Dopo essere state sottoposte a lavaggio a temperatura ambiente, le olive, negli impianti a ciclo continuo, la pasta della gramolatura non deve mai superare i 25 gradi. Le olive devono essere molite entro due giorni dalla raccolta.

Caratteristiche dell’ olio D.O.P. Alto Crotonese

L’olio d.o.p. Alto Crotonese si presenta di colore giallo paglierino – verde chiaro. All’odore delicato di oliva e con sapore di fruttato leggero. Il punteggio minimo al panel test è di 6,5. L’acidità massima è di 0,7 per 100 grammi.

olio D.O.P. Monti Iblei

L’olio extravergine con denominazione di origine protetta Monti Iblei (olio D.O.P. Monti Iblei) è sempre accompagnato dall’indicazione geografica prevista dal disciplinare e che indica nello specifico le diverse zone di produzione. Le zone geografiche di riferimento sono le seguenti: Monte Lauro, Val d’Anapo, Val Tellaro, Frigintini, Gulfi, Valle dell’Irminio, Callatino, Trigona-Pancali. per visualizzare il disciplinare clicca qui

Varietà delle olive dell’ olio D.O.P. Monti Iblei

Per ogni indicazione geografica individuata dal disciplinare, abbiamo degli accoppiamenti e delle percentuali di assortimenti che variano. Vediamo adesso di seguito le percentuali di utilizzo delle diverse varietà di olive previste dal disciplinare

  • Monte Lauro: oliva Tonda Iblea in misura non inferiore al 90% e per il restante 10% altre varietà.
  • Val D’ Anapo: 60% minimo di Tonda Iblea e 40% con altre varietà.
  • Val Tellaro: minimo del 70% di oliva Moresca restante 30% le altre varietà presenti.
  • Frigintini: la Moresca minimo del 60% ed il restante 40% altre varietà.
  • Gulfi: la Tonda Iblea non inferiore al 90%.
  • Valle dell’Irminio: la Moresca presente negli oliveti non deve essere inferiore al 60%.
  • Calatino l’olio extravergine si ottiene con il 60% minimo di Tonda Iblea e per il restante con le altre varietà.
  • Trigona-Pancali minimo del 60% della varietà Nocellara Etnea presente negli uliveti e per il restante 40% possono concorrere le altre varietà.

Zona di produzione

La zona di produzione delle olive è molto ampia e comprende il territorio che ricade all’interno delle province di Siracusa, Ragusa e Catania.

Il Monte Lauro viene prodotto nei Comuni di Buccheri, Buscemi, Cassaro e Ferla. Il Val d’Anapo nei Comuni di Canicattini Bagni, Floridia, Noto, Plazzolo Acreide, Siracusa, Solarino e Sortino. Invece la zona di produzione del Val Tellaro comprende le colline sud orientali dei Monti Iblei e le zone autorizzate ricadono interamente o in parte nei Comuni di Rosolini, Noto, Ispica, Modica e Pachino. Mentre il Frigintini si produce nei comuni di Ragusa, Modica e Rosolini. Il Gulfi nei terrotori di Chiaramonte Gulfi, Monterosso, Almo e Giarratana, ed il Valle dell’Irminio nelle zone di Ragusa, Scicli, Comiso, Vittoria, Acate, Modica e Santa Croce Camerina. Quello denominato il Calatino nei Comuni di Caltagirone, Grammichele, Licodia Eubea, Mineo, Vizzini, S.Michele di Ganzaria, Mazzarone. Infine, per la denominazione Trigona-Pancali l’olio viene prodotto nelle zone ben definite che ricadono all’interno dei comuni di Francofonte, Lentini, Carlentini, Melilli in Val di Catania.

Caratteristiche di coltivazione

La coltivazione e le condizioni ambientali per la produzione dell’ olio D.O.P. Monti Iblei devono essere quelle tradizionali. Sono idonei unicamente gli oliveti situati ad un’altitudine compresa tra gli 80 metri ed i 700 metri slm. Le potature devono essere tradizionali. La raccolta delle olive deve essere fatta direttamente dall’albero a mano o con mezzi meccanici. La raccolta ha inizio dall’invaiatura delle drupe e dura fino al 15 gennaio. La produzione massima non può superare i 10.000 kg per ettaro e la resa massima delle olive non può superare il 18%. Infine segnaliamo che le operazioni di molitura ed oleificazione devono essere effettuate entro due giorni dalla raccolta. Per l’estrazione dell’olio sono ammessi soltanto processi fisico meccanici in grado di produrre un olio che sia in grado di ripresentare più fedelmente le caratteristiche del frutto.

Caratteristiche dell’olio D.O.P. Monti Iblei

Nel momento del confezionamento l’extravergine olio D.O.P. Monti Iblei deve avere le seguenti caratteristiche che vengono ovviamente dettagliate per ogni zona.

Pertanto per il Monte Lauro si deve presentare con il colore verde, l’odore di fruttato medio verde, mentre il sapore fruttato con sensazione media di piccante.

Per il Val d’Anapo il colore deve essere verde, il sapore fruttato con sensazione leggera di piccante, l’odore di fruttato leggero verde. Il Val Tellaro deve presentarsi di colore verde con odore fruttato medio verde e sapore fruttato con sensazione media di piccante.

Nell’olio Frigintini il colore verde deve sposarsi con un odore fruttato intenso verde e un sapore fruttato con sensazione media piccante. Anche nel Gulfi il colore deve essere sempre verde, il suo odore deve presentarsi di fruttato intenso verde mentre il sapore deve risultare fruttato, con sensazione media di piccante. Per l’Irminio il colore deve essere verde, con odore fruttato leggero verde e sapore fruttato con sensazione leggera di piccante.

Il Calantino si presenta verde e con odore fruttato leggero verde, al sapore fruttato con sensazione leggera di piccante. Infine per il Trigona-Pancali abbiamo che oltre al colore verde, l’odore deve essere di fruttato medio verde e sapore fruttato con una sensazione di leggero piccante.

L’acidità media deve essere inferiore allo 0,5% eccezion fatta per il Calatino per il quale è ammessa un’acidità dello 0,6%, per il Valle dell’ Irminio 0,65%.

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Bitto d.o.p.

Il Bitto è un formaggio a pasta. La denominazione di origine protetta Bitto d.o.p. è assegnata ad un formaggio tipico che viene prodotto in una piccola zona nelle Alpi Lombarde, prevalentemente nella provincia di Sondrio. Le origini sembrerebbero dovute alle popolazioni celtiche insediatesi in Valtellina e prende il nome dal fiume omonimo che scende da Gerla vero la Valtellina.

Zona di produzione del Bitto d.o.p.

La zona di produzione del latte, nonché la zona di produzione e stagionatura del Bitto d.o.p comprende l’intero territorio della provincia di Sondrio, gli alpeggi dei vicini comuni dell’Alta Val Brembana (Averara, Carona, Cusio, Foppolo, Mezzoldo, Piazzatorre, Santa Brigida, Valleve) e dei comuni di Introbio e Premana, in provincia di lecco per i soli alpeggi Varrone, Artino e Lareggio.

Alimentazione delle mucche

Per produrre il formaggio Bitto bisogna utilizzare solamente latte vaccino crudo intero munto da razze tradizionali della zona di riferimento ed ottenuto nel rispetto di apposite prescrizioni di allevamento e di processo. Infatti l’alimentazione delle mucche deve essere costituita da erba di pascolo degli alpeggi dell’area consentita. Al fine di mantenere il benessere dell’animale è consentita un’integrazione alimentare da pascolo che è fissata in 3kg di sostanza secca al giorno con mais, orzo, frumento, soia, e melasso non superiore al 3%. Inoltre l’alimentazione può prevedere anche del fieno secco in quantità non superiore al 5% nel caso in cui si verifichino eventi meteorici straordinari che non permettono il pascolo. Infine è ammesso l’utilizzo di sale pastorizio. Il

Il latte di produzione

Il latte di una mungitura con l’eventuale aggiunta di latte caprino non superiore al 10% deve essere lavorato in zona entro un’ora dal termine della mungitura. Viene consentito l’utilizzo di fermenti autoctoni che valorizzano la microflora casearia spontanea. La coagulazione si ottiene mediante l’uso di caglio da vitello. La cottura deve avvenire tra i 48 e i 52 gradi centigradi, per circa mezzora. La rottura della cagliata va effettuata fintanto che i grumi hanno la pezzatura dei chicchi di riso. In seguito si provvede a posizionare la pasta in “fascere” tradizionali e si procede con la salatura che può essere a secco o in salamoia. La maturazione, che deve essere di almeno settanta giorni, inizia quindi nelle “casere d’alpe” e viene successivamente completata a fondovalle. Le fasi di produzione si svolgono tra giugno e settembre.

Caratteristiche del Bitto d.o.p.

Il Bitto si presenta di forma cilindrica regolare, col superfici piane ed uno scalzo concavo ed a spigoli vivi. Il diametro delle facce è di circa trenta – cinquanta centimetri, e l’altezza dello scalzo deve essere di otto-dodici centimetri. Il peso invece varia tra gli otto ed i venticinque chilogrammi. Esternamente la crosta si presenta compatta e di colore giallo paglierino, che diventa via via più intenso con l’aumentare della stagionatura. Lo spessore di quest’ultima varia tra i due ed i quattro millimetri. La pasta ha struttura compatta, con presenza di occhiatura rada ed ad occhio di pernice. Il Sapore risulta dolce, delicato che diventa più intensa con la stagionatura. L’aggiunta di latte caprino dona intensità aromatiche. Il grasso non deve risultare inferiore al 45% della massa secca e l’umidità media a 70 giorni deve essere pari al 38%.

Abbinamenti

Puoi degustare il Bitto semplicemente da solo, in tutta la sua purezza, oppure con miele di corbezzolo o polenta di castagne. Per i vini ovviamente ci sentiamo di consigliare i rossi corposi. Con stagionature superiori all’anno è possibile utilizzarlo grattuggiato.

se vuoi visualizzare il disciplinare di produzione della d.o.p. Bitto clicca qui

olio D.O.P. Aprutino Pescarese

L’area della olio D.O.P. Aprutino Pescarese è situata tutta in provincia di Pescara e và dalla zona Vestina di Loreto Aprutino e Pianella e dal confine provinciale con Teramo in prossimità del fiume Fino fino a quella di Tocco da Casauria, verso le gole di Popoli e il Morrone. Gli extravergini di oliva devono essere composti almeno per l’ 80% dalle varietà DrittaLeccino e Toccolana provenienti dall’ oliveto oggetto di certificazione. La parte restante può provenire da altre varietà, ma sempre presenti nello stesso oliveto. L’aprutino pescarese è riconosciuto D.O.P. con Reg. CE 1263 del 02.7.96 ed è tutelato dal Consorzio di Tutela promosso dalle organizzazioni di categoria e dalle associazioni dei produttori del pescarese. Se vuoi visualizzare il disciplinare pubblicato in Gazzetta Ufficiale clicca qui. Nelle zone adiacenti abbiamo ulteriori due D.O.P. che sono il Colline Teatine ed il Pretuziano delle Colline Teramane

Varietà delle Olive dell’olio D.O.P. Aprutino Pescarese

L’olio D.O.P. Aprutino Pescarese deve essere composto per almeno l’80% delle varietà Dritta che troviamo principalmente nell’area vestina nei comuni di Pianella, Moscufo e Loreto Aprutino. Le olive tipo Dritta hanno un’epoca di maturazione medio precoce e donano all’olio un sapore fruttato. La varietà Leccino è stata introdotta in tutta la regione negli impianti recenti. La pianta predilige il clima collinare litoraneo ed i terreni fertili e profondi, avendo quindi problemi di sviluppo nel resto della regione. Infine la Toccolana che è tipica del territorio riferito al Comune di Tocco da Casauria, da cui il nome, e Castiglione da Casauria. Questa varietà ha un’elevata resa di olio e dona un sapore mediamente fruttato.

Caratteristiche dell’ olio D.O.P. Aprutino Pescarese

Per l’ olio D.O.P. Aprutino Pescarese abbiamo un colore che va dal verde al giallo. Il sapore fruttato e l’odore fruttato medio – alto.
L’acidità massima non deve eccedere il 0.6%. I perossidi devono essere inferiori a 12 mq/kg. I polifenoli totali invece devono superare 100 ppm. Il punteggio al Panel Test deve superare 6,5 .

Abbinamenti

Puoi abbinare l’olio D.O.P. Aprutino Pescarese sia con piatti a base di pesce che con piatti della tradizione ed i prodotti dell’orto crudi.

olio D.O.P. Riviera Ligure

La denominazione di origine protetta olio D.O.P. Riviera Ligure si suddivide in tre aree geografiche: Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese e Riviera di Levante. Per ottenere la denominazione di Riviera dei Fiori l’ extravergine è ottenuto dalla varietà Taggiasca presente negli oliveti per almeno il 90%. Per la denominazione Riviera del Ponente Savonese l’olio è ottenuto per il 50% dalla varietà Taggiasca e per il restante altre varietà presente negli oliveti. Invece per il Riviera del Levante bisogna avere le seguenti varietà presenti negli oliveti: Lavagnina, Razzola, Pignola e le cultivar locali autoctone per almeno il 65%, per il restante 35% possono concorrere altre varietà presenti negli oliveti. Puoi visualizzare il disciplinare di produzione a questo link

storia dell’ olio D.O.P. Riviera Ligure

Anche se la presenza dell’olivo in Ligura risale almeno al 3000 a.c. , la coltivazione nella regione va attribuita ai monaci benedettini, che nel medioevo selezionarono le cultivar locali ed insegnarono le tecniche di coltivazione con i terrazzamenti e la costruzione di muretti a secco. Il cmmercio dell’olio della riviera ligure è doccumentato dagli atti della Repubblica di Genova di fine cinquecento. Ulteriori documenti del XVII secolo dimosstrano forniture di olio di oliva della rivieraa ligure per il Ducato di Milano ed al Principato di Savoia. A fine ottocento la fama dell’olio ligure diviene nota anche all’estero, ed è proprio a questo periodo che risale la denominazione “Riviera Ligure”, quando la Ligura è passata sotto la dominazione della casa Savoia e la riviera di Genova è diventata Riviera Ligure.

Caratteristiche dell’ olio D.O.P. Riviera Ligure

Per il Riviera dei Fiori abbiamo un colore che va dal giallo al giallo-verde. Sapore fruttato con sensazione di dolce. L’acidità massima non deve superare lo 0,5%.

Per il Riviera del ponente Savonese il colore va dal giallo-verde al gialli. Il sapore è fruttato con deciso sentore di dolce. L’acidità non può superare i 0,5 per 100 grammi.

Per il Riviera di Levante il colore va da giallo a verde-giallo. Sapore fruttato con sentori di dolce. L’acidità invece non deve mai superare lo 0,8%.

Abbinamenti

Puoi abbinare l’ olio D.O.P. Riviera Ligure con tutti i piatti poiché risultando leggero, delicato e con note fruttate sul finale, è un condimento molto profumato capace di esaltare ogni piatto. Di seguito alcuni suggerimenti.

Per il primo, il Riviera dei Fiori: Risotto al nero di seppia, bolliti di pesce e verdure.

Per il Ponente Savonese: Spaghetti alle vongole, carni bianche.

Per il terzo: Formaggi e insalate verdi

olio D.O.P. Colline Teatine

L’area dell’olio D.O.P. Colline Teatine ricade tutta in provincia di Chieti e va, lungo la costa, dalla zona di Francavilla al Mare fino a quella di San Salvo, spingendosi verso l’interno fino a Pretoro, Casoli e Lama dei Peligni. Per ottenerer questa D.O.P. gli extravergini di oliva devono essere composti almeno dal 50% della varietà Gentile di Chieti provenienti dall’oliveto certificato, associata a non più del 40% di Leccino. Il resto può provenire da altre varietà, ma sempre presenti in quel oliveto. La D.O.P. colline teatine può essere accompagnata da una precisazione geografiche aggiuntiva (riconosciute ufficialmente) che meglio precisa l’area di provenienza, ossia il Frentano e il Vastese.

Storia dell’ olio D.O.P. Colline Teatine

L’ olio D.O.P. Colline Teatine è stato riconosciuto D.O.P. con Reg. UE 2325 del 24.1 1.97 ed è tutelato dal Consorzio di Tutela che riunisce le associazioni olivicole del chietino (ossia APOA, APOAM, APOC CNO, LAPOAM e LARO). Anche in questo caso il controllo produttivo e la certificazione sono affidate alla CCIAA di Chieti. Puoi visionare la pubblicazione in gazzetta a questo link.

Caratteristiche dell’ olio D.O.P. Colline Teatine

Puoi trovare quest’olio con la colorazione dal verde al giallo. Al sapore risulta fruttato. L’acidità massima non può superare lo 0.6%. I perossidi devono essere inferiori a 15mq/kg mentre i polifenoli totali non inferiori a 100 ppm. Il punteggio al Panel Test deve superare 6.5.

Abbinamenti

Puoi abbinare l’olio D.O.P. Colline Teatine con tutti i piatti della tradizione mediterranea, in particolar modo suggeriamo l”utilizzo del Frentano su piatti a base di pesce, essendo costituito per almeno il 60% dalla varietà Gentile di Chieti.

olio D.O.P. Pretuziano delle Colline Teramane

L’ olio D.O.P. Pretuziano delle Colline Teramane è prodotto in tutta la provincia di Teramo. L’ extravergine deve essere composto almeno dal 75% della varietà LeccinoFrantoio e Dritta provenienti dall’ oliveto oggetto di certificazione. Mentre il restante 25% può essere di altre varietà come il Tortiglione, la Carboncella e la Castiglionese, sempre però presenti nell’uliveto oggetto di certificazione. La D.O.P. Pretuziano delle colline teramane è riconosciuta con Reg. 1491 del 25.8.03 ed è tutelato dal Consorzio di Tutela promosso dall’Unaprol insieme con la Coldiretti e l’Unione Provinciale Agricoltori. Il controllo avviene da parte della CCIAA di Teramo. A questo link puoi scaricare il regolamento pubblicato sulla gazzetta ufficiale.

Storia dell’olio D.O.P. Pretuziano delle Colline Teramane

Il territorio teramano è famoso sin dall’antichità per essere area di produzione di eccellente olio di oliva e di vino secondo quanto riportato dalle testimonianze romane. I Pretuzi da cui “ager Pretutianus” vi abitavano prima della conquista da parte dei Romani. Catone, nel suo De re rustica, cita l’olio dell’agro pretuziano. La diffusione dell’olivo in queste zone risale al X secolo a.c.

Caratteristiche dell’olio D.O.P. Pretuziano delle Colline Teramane

Il colore è giallo verdognolo. Al sapore risulta medio fruttato con sentori di amaro e piccante (medio). L’acidità massima non deve superare lo 0.5%. I perossidi devono essere inferiori a 12 mq/kg. Il punteggio al Panel Test superiore a 6,5.

Abbinamenti

Puoi abbinare l’olio D.O.P. Pretuziano delle Colline Teramane con tutti i piatti della tradizione mediterranea, il suo gusto unico lo rende adatto per esaltare i sapori.

Montepulciano d’ Abruzzo

Il Montepulciano d’ Abruzzo è un vitigno autoctono che coltivato da tempo immemore nel centro Italia. Secondo diversi storici  risale al VII secolo a.C.  coltivato dagli etruschi. Lo storico greco Polibio narrando le vicende delle guerre puniche racconta che il vino prodotto sulla costa adriatica fu utilizzato da Annibale per rinfrancare e rinvigorire i guerrieri, ormai stanchi. Il territorio è quello che oggi  identifichiamo con la provincia di Teramo, Interamnia Praetutiorum, dei Pretuzi, il popolo Italico che abitava le colline del medio Adriatico già prima di Roma. lo storico Michele Troia risalente al XVIII secolo sostiene che il vitigno Montepulciano nasca in Valle Peligna.

Da non confondere con il vino Nobile di Montepulciano che invece viene prodotto da una selezione del Sangiovese denominato Prugnolo Gentile.

Zona di produzione del Montepulciano d’Abruzzo

Le zone di produzione del Montepulciano d’Abruzzo abbracciano quasi l’intera Regione, ad eccezione delle zone montane.  Il disciplinare impone che le uve destinate al Montepulciano vengano coltivate in collina con altezze che quindi non superano mai i 500m, con deroga fino ai 600 per i terreni esposti a sud. La produzione può essere suddivisa in due prodotti finali: il Montepulciano d’Abruzzo D.O.C. Rosso ed il Montepulciano d’Abruzzo D.O.C. Cerasuolo , quest’ultimo è ottenuto limitando il periodo di fermentazione sulle bucce e da un spremitura più soffice delle uve. Solitamente la fermentazione avviene in acciaio ed successivamente si può prevedere un affinamento in botti di rovere o di barrique per produrre la serie Riserva.

Proprietà organolettiche del Montepulciano d’Abruzzo

Il Montepulciano d’Abruzzo è un vino di colore rosso rubino carico, con l’invecchiamento generalmente tende al granata. Al naso è persistente ed intenso con sentori di frutta rossa matura come prugne e marasca. Sentori di liquirizia, vaniglia e spezie. Al sapore risulta secco, caldo e morbido, molto persistente nel retrogusto. L’invecchiamento solitamente va dai 4 ai 6 anni, ma ben conservato in cantina non teme periodi più lunghi.

Abbinamenti consigliati e come servire il Montepulciano d’Abruzzo

Puoi abbinare il Montepulciano d’Abruzzo a primi piatti con sughi a base di carne, ma essendo di grande struttura esprime il meglio abbinato ad arrosti e bolliti di carni, cacciagione e formaggi stagionati. Consigliato anche come vino da meditazione. Meglio se conservato con la bottiglia orizzontale e servito a temperatura ambiente (18-20°C).

per altri vini clicca qui.

sagra della porchetta italica

hai mai avuto l’occasione di partecipare a questo evento? Beh se ancora non lo hai fatto è il caso che ti organizzi. Durante la sagra della porchetta italica puoi assaporare un piatto di tradizione millenaria, la cui datazione arriva all’epoca degli etruschi, come testimoniato dai reperti trovati in zona. Puoi assaporare questo delizioso prodotto accompagnandolo con un bel bicchiere di Montapulciano d’Abruzzo che puoi recuperare nei bar del paese o negli stand dedicati.

dove

Per partecipare all’evento devi recarti in Abruzzo, per la precisione nel centro storico del Comune di Campli. Se arrivi da troppo lontano puoi valutare l’ipotesi di passare qualche giorno al mare nella vicina costa sabbiosa dell’adriatico oppure in qualche fresco agriturismo delle colline della provincia. Se poi ami la montagna, a due passi hai la possibilità di pernottare sul Gran Sasso e visitare i vicini monti della Laga.

quando

Puoi partecipare all’evento della sagra della porchetta italica dal 18 al 23 Agosto 2019. L’evento viene rinnovato annualmente dopo il ferragosto.

sagra della porchetta italica – perchè

perché? ti è sufficiente sapere che secondo le ricostruzioni parliamo di una delle sagre più antiche d’italia? Per maggiori dettagli e notizie puoi contattare la pro loco che organizza l’evento al seguente link https://www.sagradellaporchettaitalica.com/programma

Barolo

Il Barolo è ottenuto dalle uve di Nebbiolo in purezza, e prima di essere commercializzato necessita di un invecchiamento di almeno 3 anni. Nasce nelle Langhe, a pochi km da Alba, in un comprensorio di 11 Comuni, tra cui anche quello omonimo. La storia di questo vino risale all’ ottocento, quando il re Carlo Alberto di Savoia se ne innamorò dopo averlo assaggiato dalla Marchesa di Barolo Giulia Colbert Falletti. La Marchesa aveva trasformato il Barolo, che originariamente era un vino dolce e leggermente mosso, ottenuto da una fermentazione all’aria aperta, decidendo di produrlo nelle cantine sottoterra, in modo da controllare la fermentazione e creare un microclima protetto dove il vino potesse maturare sviluppando corpo e struttura.

La consacrazione del Barolo avvenne con Cavour che ne avvio la produzione e ne fece un vino istituzionale utilizzandolo negli incontri formali.

Zona di produzione del Barolo

Le zone di produzione di questo vino riguardano 11 Comuni: Barolo, La Morra, Monforte, Serralunga d’Alba, Castiglione Falletto, Novello, Grinzane Cavour, e parzialmente i Comuni di Verduno, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi. NEl 1966 il vino ha ottenuto la denominazione di origine controllata, mentre nel 1980 la Denominazione di origine controllata e garantita. Se vuoi visualizzare il disciplinare clicca qui

Proprietà organolettiche

Il Barolo è un vino di colore granato pieno e intenso. Il profumo è fruttato e speziato, sia al naso, sia in bocca e ricorda i frutti rossi, le ciliegie sotto spirito e la confettura. Inoltre si possono ritrovare sentori di rosa e viola, cannella, pepe, noce moscata, vaniglia. Qualche volta puoi trovare anche note di liquirizia, cacao, tabacco e cuoio.

Abbinamenti consigliati

Puoi abbinare il Barolo a piatti saporiti a base di carne rossa, essendo di grande struttura esprime il meglio abbinato con arrosti, brasati, stracotti, selvaggina, ma anche formaggi stagionati a pasta dura e piatti a base di tartufo. Consigliato anche come vino da meditazione è da provare anche con i dolci secchi come i biscotti tipici piemontesi. Servilo a temperatura ambiente (18-20°C).

olive ascolane

Le olive ascolane , o olive all’ascolana, sono una prelibatezza tipica della provincia di Ascoli Piceno, parliamo della parte più meridionale della Regione Marche. La ricetta risale alla metà dell’ottocento, periodo in cui l’aristocrazia ne faceva abbondante uso durante i banchetti.

Ricetta

Le olive ascolane, una volta che le hai dissalate sciacquandole in acqua, e dopo che le hai denocciolate,devi riempirle con un misto di carne di manzo, suino, preparata in precedenza. Devi quindi rosolare e macinare il composto, amalgamandolo con uova e parmigiano. Dopo averle riempite devi rivoltarle nella farina, poi nell’uovo ed infine nel pan grattato. Quindi andrai a friggerle immerse in abbondante olio extra vergine di oliva. Puoi aggiungere anche carne di pollo o tacchino per provare delle varianti interessanti, come suggerito dalle donne ascolane.

Zona di produzione

La zona di produzione delle olive ascolane è quella del Piceno. Le Regioni interessate sono quella delle Marche, nella parte più meridionale e quella dell’ Abruzzo settentrionale. Le olive, coltivate nella provincia da tempo immemore. Gli studi portano a parlare almeno di oltre 2000 anni. Le popolazioni pre-italiche dei Piceni e prima ancora degli etruschi ne facevano largamente uso come testimoniato dai reperti archeologici che puoi visitare sia nel museo di Ascoli Piceno e sia nel museo della vicina città di Campli. Ulteriori testimonianze arrivano da Plinio che ne lodava le qualità, ritenendole le migliori tra quelle italiane. Marziale invece in un epigramma ne critica la carenza ad un banchetto. L’oliva utilizzata è quella denominata “oliva tenera ascolana” OLEA EUROPEA SATIVA, chiamata anche con l’appellativo di LIVA CONCIA, oggi divenuta OLIVA ASCOLANA DEL PICENO .

Proprietà organolettiche

L’oliva verde una volta raccolta va “conciata” cioè va tolto l’amaro con bagni in acqua e soda o come si faceva più anticamente con acqua e sale, e poi conservate in salamoia.

Le olive ascolane, farcite con un misto di carne di manzo, di suino, amalgamato con parmigiano reggiano, uovo, vino bianco, cipolla, carota, sedano, farina di grano tenero, pangrattato, sale, noce moscata e
olio extravergine di oliva.

Abbinamenti consigliati

Puoi servire le olive ascolane come antipasto caldo, oppure degustate come un secondo piatto . Accompagna egregiamente vini bianchi sia fermi che mossi.